In questi giorni la notizia del ritiro di Sharni Pinfold, diffusa tramite un post sui social, ha fatto il giro del mondo. “Mi ritiro per sessismo. Troppo maschilismo e disprezzo per le donne nei motori”. In questo periodo, in cui tra gli obiettivi delle federazioni vi è proprio l’integrazione delle donne nel motorsport, il ritiro della giovane australiana rappresenta una doccia fredda.
A destare scalpore sono state le forti parole che la 25enne ha utilizzato per spiegare quanto le è accaduto, descrivendo il motorsport come un mondo “discriminatorio e sessista”, pur non puntando il dito verso una persona o un episodio nello specifico. Questo ha suscitato molte risposte da colleghe e giudizi sul fatto che la motivazione non sia legata a episodi di questo tipo, ma alla sua mancanza di risultati. L’ultima motivazione però non troverebbe fondamento, in quanto Sharni Pinfold aveva già un contratto per la stagione 2021.
La 25enne australiana ha evidenziato sui social come sia stata una decisione molto difficile: “Venendo da un background di nessun supporto finanziario o personale, ho fatto in modo che la mia carriera si realizzasse con pura determinazione e sacrificio… La maggior parte delle sfide che ho affrontato, sono state condizionate dalla mancanza di rispetto e dal trattamento dispregiativo nei confronti delle donne. Cose che so che non avrei mai dovuto sperimentare o a cui sarei stata esposta, se fossi stata un maschio. Sento che non voglio più continuare ad essere esposta a questo comportamento o ad essere trattata in questo modo. Mi rattrista profondamente guardare le sfide del mio viaggio e riconoscere il fatto che le donne che dedicano la loro vita a perseguire i loro sogni siano esposte a questo e siano trattate così. Questo è stato il principale fattore che ha contribuito alla mia decisione di allontanarmi”.
LA CARRIERA
Figlia d’arte, Sharni Pinfold dimostra di avere un’enorme passione per le moto da corsa fin da ragazzina. A guidarla è il padre, Wayne, con il quale va alle gare, effettua test, si allena in pista. Arrivano i primi ingaggi e qualche occasione, ma il papà viene a mancare poco prima di vedere la sua prima gara. Wayne Pinfold lascia alla figlia in eredità due moto, un gruzzoletto e un’agenda di numeri di telefono.
Sharni vola in Inghilterra nella speranza di trovare un team. Si iscrive al campionato di Moto 3 del 2017 che porta a termine con ottimi risultati. Corre anche nella European Women Cup. Firma per la SMRZ e fa il suo esordio in Superstock. Veloce ma poco fortunata: cade rovinosamente e si frattura entrambe le clavicole.
“Il mio amore per questo sport continua e non sono sicura di cosa mi riservi il futuro. Sono molto orgogliosa di ciò che ho raggiunto in questo sport. Sento che è un peccato il fatto di non essere ancora stata in grado di realizzare pienamente il mio potenziale. Voglio dire grazie a tutti coloro che mi hanno sostenuto, mi hanno fornito opportunità e agli amici che ho incontrato lungo la strada. Spero che dal mio viaggio sarò in grado di aiutare e incoraggiare gli altri a sapere che sono degni di tutto ciò che desiderano. Il mio augurio per gli altri è di sapere che nessuno ha il diritto di farvi sentire indegni o a disagio”.
La FIM è intervenuta subito e mediante un comunicato ha sottolineato quanto in realtà l’uguaglianza di genere sia uno degli obiettivi principali della Federazione, che sta lavorando molto per questo. Nita Korhonen, Direttore CFM, afferma: “La FIM non accetta alcun tipo di discriminazione verso i propri piloti, indipendentemente dal genere. Siamo una famiglia motociclistica, tutti sono benvenuti. Non sono tollerate azioni o commenti inappropriati. Il nostro obiettivo è quello di sostenere tutti i piloti e permettere loro di realizzare i loro sogni e di mantenere alte le proprie motivazioni. La FIM Women in Motorcycling Commission continua a lavorare duramente per migliorare l’uguaglianza di genere nel nostro sport ad ogni livello”.
Sharni Pinfold ha poi replicato al messaggio della federazione: “Spero davvero di essere in grado di incoraggiare il necessario miglioramento sia nell’industria motociclistica sia in tutte le industrie dove le donne vengono trattate in maniera diversa. Non è solo per me, ci sono molte altre donne che sono state trattate male e come risultato spero di riuscire a incoraggiare gli altri a riconoscere l’importanza ed il valore dell’autostima. Sarebbe facile per me sedermi e puntare il dito contro i responsabili, ma sento che la vera forza sia determinata dal modo in cui si risponde. Non sono qui per fare la vittima, ma per lottare per ciò che è giusto ed estendere il messaggio a tutte le donne. Sono grata del supporto e dalle misure prese dalla FIM, con il chiaro obiettivo di avere uguaglianza per tutti. È questo ciò per cui lottiamo”.
Abbiamo avuto modo di sentire le opinioni di diverse esponenti femminili nelle nostre interviste in passato. Su questo argomento raccontavano spesso di episodi con battute goliardiche, poca tolleranza da parte di colleghi maschi che però si esauriva in breve e senza alcun comportamento discriminatorio. Le sue accuse erano rivolte ad offese ricevute da parte di altri piloti? Oppure del team? Dell’organizzazione? Non si sa. Fermo restando che certi atteggiamenti discriminatori non dovrebbero esistere, è molto difficile poter capire fino in fondo la dinamica dell’accaduto.
Di sicuro il caso non si concluderà a breve. Attendiamo quindi ulteriori aggiornamenti e speriamo che la decisione della giovane pilota australiana possa essere convertita nella presenza al campionato che l’aspetta nel 2021.
La presenza e la lotta sui campi da gara sarà di certo la miglior risposta a coloro che invece sperano di poter diminuire la presenza femminile nel motorsport con comportamenti discriminatori.
“Con la visiera abbassata siamo tutti uguali”. Vorremmo che questa frase non sia solo pronunciata da donne pilota, ma bensì da ogni pilota che decide di fare di questo sport la sua vita.